Naima Morelli

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Tag "villa medici"

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“Nothing’s happened since Yesterday – Due artisti da Melbourne” is going to open tomorrow at Galleria 291est in Rome and we are super-excited. These days have been pretty busy for exhibiting artists Georgina Lee and Kenny Pittock; I dragged them to gallery and vernissage all over Rome, yesterday we had a talk at the Art Academy (pics soon on this blog) and most importantly they have installed their work in the gallery. On the second day both artists showed up at Galleria 291est sporting “I love Rome” t-shirts. Kenny was so in love with his t-shirt to the point that he refused to change it even for the ultra-posh opening in Villa Medici, the French Academy. That’s the best part of being an artist after all, you can wear whatever the hell you want and no one can tell you anything!
The whole setting-up process has been filmed by Mauro Piccinini of Hour Interview, a great video series that catches snippets of artists’ working day. I’m super curious to see the result! If you are in Rome in these days, come visit us for the opening tomorrow!

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“Ogni foto è un’esperienza.” conclude con accento francese, capello bizzarro, faccia gentile Alain Fleischer.
Prima di questa conclusione c’è ovviamente tutto il lavoro in mostra da Limen OttoNoveCinque, fotografie ad un primo sguardo cariche di mistero e quasi indecifrabili.

Il ciclo fotografico principale “Happy Days”, consiste in grandi stampe dove provare a descrivere il soggetto è già avventurarsi in un sogno surrealista: una cornice per terra, una proiezione di protagoniste femminili da quadri dell’antichità, un giocattolo a motore raddoppiato che sembra agitare la scena.
Gli effetti di sovrapposizione e illusione farebbero pensare ad un banale utilizzo di Photoshop: niente di più sbagliato. A differenza di quanto si possa credere, è solo questione di una grandissima abilità tecnica. Non di meno il processo con cui sono stati presi questi scatti è parte del simbolismo delle opere.
Spiega l’artista che si tratta della creazione di un collegamento del mondo adulto con quello infantile: “Gli adulti attaccano i quadri sempre alle pareti, i bambini giocano per terra. Ecco che proiettando un’immagine dall’alto, emerge questa impalpabile relazione.”
E si ci potrebbe inoltrare ancora più addentro a queste Correspondaces, in un gioco di rimandi infiniti.
« E’ la dimostrazione del potere della fotografia di catturare l’impalpabile ; io non ho mai visto queste immagini, esse esistono solo in quanto sono state fotografate. Questo giocattolo lo vediamo multiplo solo per via dei tempi di esposizione, così come questa proiezione che sembra scivolare fuori dal suo frame. »
Si avverte molta nostalgia in questi scatti, una suggestione malinconica come se l’artista volesse ricomporre il passato attraverso frammenti di luce.
Carpisco brani di discorso di un fruitore dalla fluente chioma rossa vicino a me : « … un ES invisibile che genera un superio etereo…»
« Prego? »

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Sulla pittura di questi tempi se ne dicono più che sul punk dieci anni fa; la pittura è morta, la pittura non morirà mai, la pittura esiste solo perché è una certezza per i non-introdotti all’arte contemporanea e così via.
Ognuno ha la sua opinione e a maggior ragione un pittore contemporaneo come Gèrard Garouste ne ha una, e la grida con fermezza dalla sua retrospettiva a Villa Medici.
Sappiamo che dopo la batosta dell’invenzione della fotografia, il colpo di grazia alla pittura è stato inferto da quell’ottimo giocatore di scacchi qual’era Duchamp.

Se per molti la lezione di Marcel è equivalsa ad un superamento della pittura, Garouste ne ha ritenuto l’insegnamento opposto; vista la saturazione della sperimentazione pittorica la quale ha portato appunto all’invenzione del ready made “la pittura deve ritornare a soggetti complessi, rivolgendosi al suo passato”.
Orrore e raccapriccio, un ritorno al più oscuro, simbolista figurativismo! Ma sarà poi davvero orrore e raccapriccio?

Garouste ha assimila le avanguardie, si confronta con i grandi maestri della storia della pittura, si ispira alla Bibbia, alla Divina Commedia, a Don Chisciotte, alla Haggadah ebraica, trasferisce il tutto su tele generalmente di grande formato, o addirittura tele indiane (vale a dire senza telaio).

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