Naima Morelli

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Dal 14 al 2o Luglio curerò una rassegna di video arte indonesiana nell’ambito del Festival di Villa Ada. L’iniziativa è stata organizzata da MNAO Contemporary, il programma di arte contemporanea del Museo Nazionale d’Arte Orientale Giuseppe Tucci di Roma, e si focalizza su diversi paesi asiatici. L’inaugurazione è domani sera dalle 9 in poi… intanto beccatevi il comunicato!

Villa Ada Festival Roma Incontra il Mondo presenta…

“ORIENTI – VISIONI CONTEMPORANEE”
Programma di video-proiezioni ed installazioni di artisti contemporanei asiatici diretto da Valentina Gioia Levy, con la collaborazione di Elena Abbiatici e Naima Morelli

Presso l’Art Project Space
Adagio Bar
A partire dal 4 luglio
INDONESIA 14 – 20 Luglio

A cura di Naima Morelli
14 – Presentazione scena artistica indonesiana e introduzione al lavoro dei tre artisti in mostra.

15/16 – Krisna Murti – Empty Theather – Video installation (multi-channel video), DVD 3 projections, 3’58’’, loop, sound, 2010.

17/18 – Fallen –Tintin Wulia – Video projection (single-channel), 18’43”, loop, 2011

19/20 – The Lepidopters – Slave Pianos and Punkasila – Video projection (single-channel), loop, 2014
Proiezioni dalle 21 in poi
Per la settimana dedicata all’Indonesia verranno proiettati tre video che rappresentano alcune sfaccettature della complessa e variegata scena artistica locale in rapido sviluppo.
Krisna Murti e Tintin Wulia sono pionieri della video arte in Indonesia. Entrambi cominciano a lavorare con i new media all’alba della caduta del regime del dittatore Suharto nel ’98, in un clima di libertà espressiva fino a quel momento negato.
Punkasila invece è un gruppo artistico nato a Yogyakarta nel 2007 da una residenza all’Indonesian Visual Art Archive, allora Yayasan Seni Cemeti, di Danius Kesminas. Il gruppo originale di Punkasila conta sette giovani artisti indonesiani più Kesminas, ma è costantemente in espansione e aperto a nuove collaborazioni, tra cui quella con Slave Pianos per questo video.

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“Quello che noto nelle mie opere è che tu le vedi e dici Uh che carine… ma poi le guardi con più attenzione è AAARRGH! Sono micidiali! Per me questa apparenza innocua è come una specie di presa in giro… e anche io in fondo sono così, più aggressiva di quello che sembro a prima vista!” mi dice Anita Calà in un impeto di passione di cui solo le rosse sono capaci.

Quattro del pomeriggio, siamo sedute, io, lei e  mio cappello (un Borsalino vintage grigio molto ghetto-chic, devo dire) al bar Ombre Rosse in Piazza Sant’Egidio, proprio di fronte al Museo di Roma in Trastevere.
Avevo incontrato l’artista qualche settimana fa alla Galleria Nube di Oort dove è esposta la sua videoistallazione “Anita C” nell’ambito di una collettiva, insomma, un buon pretesto per approfondire il suo lavoro.

La storia di Anita Calà come artista visiva sembrerebbe partire da quando, dalla mattina alla sera, decise di mollare il suo lavoro di costumista ad altissimi livelli per cinema, teatro e televisione, per buttarsi nell’unico ambito dove l’unica certezza è l’incertezza: l’arte contemporanea.
In realtà è cominciata molto prima: “Mi ricordo questa scena delle pagine gialle: ero piccolissima, le scarabocchiavo e nella mia mente ogni pagina era una persona con un suo vestito particolare”

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