Naima Morelli

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zabetta

“Incalzatrice della storia Freno del tempo Tu Bomba / Giocattolo dell’universo Massima rapinatrice di cieli Non posso odiarti”

Correndo giù per Via dei Mille nel caldo di un aprile napoletano del duemilaundici, cercando di arrivare al Molo Beverello in tempo per prendere l’Aliscafo dell’una e cinque, vale a dire essere a Sorrento per le due meno un quarto circa, ecco in questa corsa (perché si sa che il movimento fa arieggiare il cervello, purchè non vada in iperventilazione) le immagini della mostra di Zabetta si sovrappongono, si alternano in rima baciata, alternata, incrociata e slogata ai versi di “Bomb” di Gregory Corso.

Sulla rampa di legno vigilata dai Vucumprà, a fianco al Maschio Angioino, inevitabilmente parole e immagini sono già tutta una pappetta, sbatacchiate come un frullatore nella mia testa, non resta che sedersi sull’aliscafo e fare un po’ di ordine.
Dunque, Coda Zabetta non penso proprio che abbia scritto una lettera d’amore alla Bomba, quello è stato Corso. Piuttosto quello di Coda Z. si tratta di un lavoro ordinato che ha condotto a un risultato efficace, puntuale e profetico, come ci hanno tenuto tutti quanti a rimarcare con occhi da Cassandra color acque di Mergellina, alludendo chiaramente alla recentissima tragedia nucleare giapponese.

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La scimmia, animale ancestrale, sommo enigma più volte rappresentato dallo stesso Sergio Ragalzi (un grosso dipinto rappresentante il primate misterioso occupava lo stand della Galleria Delloro alla recente Roma Road to Contemporary Art), deforma anche il volto di queste venti sfingi in via del Paradiso.

Non più umani con il corpo felino, ma maestose sagome con il volto di scimmia, stagliate contro i colori di un deserto puramente mentale, creato apposta per un Indiana Jones o un Corto Maltese, o per qualsiasi altro Edipo viaggiatore dei nostri tempi o di quelli futuri, pronto a sedersi di fronte a lei, silohuette contro silohuette, lasciandosi porre questi indovinello.
Eppure, come il boa del piccolo principe, le sfingi di Ragalzi hanno inghiottito qualcosa che non gli appartiene, fino a diventare un tutt’uno con essa, in un rapporto di precisa identità.
E’ una bomba, il missile intelligente e distruttivo, quell’orrore prodigioso dall’intelligenza matematica. Ma cosa potrebbe chiedere il tremendo siluro alle sue vittime?

C’è sempre un quoziente di enigma in queste guerre senza senso, per noialtri a cui non interessa più di tanto il petrolio, se non al momento di fare il pieno. Petrolio del quale pure queste sfingi dal profilo scimmiesco paiono infradiciate come gabbiani nella marea nera.
Sfingi che sono macchie colpevoli, così come è oscura la colpa di Edipo. Scenari da Arabia Saudita, poi Egitto, ma anche Libia; questi dipinti sono un grido che emettono in coro. Gridano: “Inevitabile!”

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