Naima Morelli

Francesco Arena, 18.900 metri su ardesia + Nina Beier, On Teasers and Tormentors

 

Mentre voi state seduti davanti ai vostri computer a leggere questa recensione in questa specie di iperuranio che è internet, alla Galleria Monitor due artisti piuttosto diversi tra di loro si incontrano in dei lavori che implicano una riflessione sul concetto di spazio. I loro nomi, Francesco Arena e Nina Beier.
Parafrasando un ridicolo manifesto politico apparso sui muri capitolini: “Nina Beir, chi è costei?”

Insomma, c’eravate o no al MACRO il 12 dicembre, allorquando Nina insieme alla collega Marie Lund, spalleggiate dalla Nomace Foundation, hanno eseguito la performance “The Complete Woks”?
Beh, nemmeno io c’ero, e allora? Si, mi è dispiaciuto, ma possiamo rincuorarci sapendo che la ripeteranno il 23 gennaio e il 6 febbraio.

Casualità ha voluto che la suddetta performance fosse in contemporanea con il vernissage di questa mostra di cui vorreste la recensione, costringendo presumibilmente la povera Nina-scusatemi-un attimo-cari-vado-un-attimo- ad-incipriarmi-il-naso a cambi repentini di abito nei bagni, sgusciamenti fuori dalla finestra, corsa al motorino parcheggiato in Via Reggio Emilia e obbligandola a farsi tutta un’impennata fino a via Sforza Cesarini, insomma, un casino totale.

Per quanto possiamo simpatizzare con l’artista tocca però (finalmente) analizzare la sua opera, e allora, avete presente quel famoso quadro di Hans Holbein “Gli ambasciatori”, quei due figuri con una strana forma allungata ai loro piedi che se vista trasversalmente si trasforma in un simpatico teschietto?

L’anamorfosi, esatto, vi vedo preparati.
Nina fa un lavoro simile; costringe l’osservatore a due soli punti di vista, uno dalla vetrata esterna della Galleria, l’altra al di là di un muro d’argilla eretto sulla soglia della stanza dove sono presenti le opere, e la barriera stessa costituisce un’istallazione: “Fourth Wall, Rise and Fall”.

Il titolo non è casuale, il muro si è abbattuto autonomamente (ah quante cose ci vengono in mente, in quest’anno di celebrazioni in particolare, se si parla di muri e delle loro cadute) come nelle previsioni dell’artista che conosceva ovviamente la fragilità dell’argilla, costituendo comunque una barriera, un limite non valicabile.

Contemporaneamente questa soglia rappresenta, nel bosco delle personali corrispondances che Nina crea, una sorta di divisione tra pubblico e palcoscenico, forti sono infatti i riferimenti teatrali che troviamo nelle sue opere.

Proprio in fondo alla stanza è stesa una tela di lino che presenta ancora le pieghe della stiratura, venendo a costituire un sipario che invece di porsi davanti all’opera si trova dietro di essa.

In questo caso il lenzuolo dialoga con una fotografia che in comune con i muro di cui sopra ha questa caratteristica di essere in continuo cambiamento, infatti l’immagine viene fotografata ogni volta che viene esposta cosicchè, in un gioco di specchi, quella che viene mostrata al pubblico è la fotografia di una fotografia di una fotografia e così via, allontanando sempre di più lo spettatore dall’originale.
Un altro filtro con il qualela Beir veicola la lettura della foto è apprezzabile solo osservando l’opera dalla vetrina; si tratta di una serie di vetri museali sistemati l’uno dietro l’altro fino a formare un telescopio opaco che rende impossibile decifrare l’immagine.

Ma torniamo alla data dell’inaugurazione della mostra per parlare di Francesco Arena, mentre Nina sfreccia sul lungotevere per tornare al MACRO proprio quando si chiedevano che fine avesse fatto.

12 dicembre non vi dice niente?

Milano, Piazza Fontana, Francesco ricorda “la morte accidentale di un anarchico” attraverso18.900 metriincisi in lastre modulari di ardesia, ovvero il tragitto percorso da Giuseppe Pinelli il giorno della sua morte, 15 dicembre, dalla sua abitazione, al circolo anarchico, alla questura da cui uscì, come sappiamo, non esattamente dalla porta d’ingresso.

Come binari delle ferrovie, quasi un itinerario già tracciato, i segni incisi nell’ardesia coprono tutta la stanza, la parte liscia dell’ultima lastra non completamente coperta, è quasi come il silenzio del volo, della tragica caduta. Fa un certo effetto trovare compressi in una stanza l’equivalente degli ultimi passi di un uomo.
E’ sicuramente importantissimo non dimenticare la storia recente italiana; in maniera non didascalica Arena rispolvera il valore sociale dell’arte che ultimamente pare passato in secondo piano, e questo gli fa molto onore.

Nel corridoio di raccordo tra le due stanze, i due artisti comunicano attraverso una prova di Francesco della riproduzione del tragitto di Pinelli tagliando una mappa in una pagina di giornale. Incorniciato questo esperimento, Nina ha aggiunto un’ombra rosso sangue sotto la cornice, visibile solo se si ci appoggia al muro.
Con questa ferita si conclude la mostra.

 

Naima Morelli

Opening 12 Dicembre ore 19-21
Monitor (Palazzo Sforza Cesarini)
via Sforza Cesarini, 43a-44 – Roma

 

0 comments
Submit comment